L’esasperazione della razionalità ha fatto sì che l’uomo moderno ha cominciato a dubitare della propria saggezza e intuizione. Sognare viene generalmente percepito come una esperienza costruita sul modello del pensiero logico dello stato di veglia. Tendiamo quindi ad interpretare un sogno con la stessa logica con cui interpretiamo qualunque aspetto della veglia e questo limita la conoscenza di noi stessi. Secondo Carl G. Jung, ogni sogno è anche orientato al futuro ed ha la funzione di fare vedere al sognatore gli scopi e propositi della sua Anima. Jung concepì il sogno come l’espressione della saggezza dell'inconscio, di una fonte di verità trascendentale a cui ciascuno di noi può accedere grazie ad un inconscio collettivo, una specie di memoria universale che racchiude significati, esperienze archetipiche e spirituali, miti comuni a tutti gli uomini di ogni epoca. Tra le sue varie accezioni, il termine greco mythos è anche sinonimo di “discorso”, “consiglio”,“ammonimento”. È un discorso, una narrazione nella quale è “racchiusa” una verità il cui contenuto non è esplicitamente espresso e che deve essere colto attraverso il linguaggio simbolico. Allo stesso modo, il sogno è una storia che nasconde una verità. Sia il sogno che il mito sviluppano tematiche universali attraverso degli Archetipi e sono accomunati dal linguaggio simbolico. Il Mito dell’Eroe e del suo viaggio, ad esempio, è il racconto del nostro viaggio esistenziale, con le sue tappe, le sue prove e conquiste. Allo stesso modo, i sogni raccontano la nostra storia, inscenando le nostre paure e rivelando la saggezza profonda della nostra Anima. Questa saggezza può assumere varie forme anagogiche: un vecchio, una vecchia, un bambino, un entità spirituale, un animale, un capo tribù, un sacerdote, uno sciamano, un mago, un monaco, un angelo, un essere mitico. Archetipi, questi, che infondono autorevolezza, saggezza e benevolenza, che offrono sostegno e danno indicazioni importanti rispetto alla nostra vita. Jung stesso in sogno vide un vecchio, con le ali del martin pescatore e le corna di un toro, che portava un mazzo di chiavi. Jung lo chiamò Filemone, ispirandosi al mito ellenico tramandato da Ovidio. Dopo il sogno, Jung trovò un martin pescatore morto nel suo giardino, proprio nei giorni seguenti all’apparizione di Filemone, uccello questo – precisa l’analista - piuttosto raro nei dintorni di Zurigo. Da allora in poi, Filemone giocò un ruolo importante nelle vita interiore di Jung che non esitava a rivolgersi e a conversare con lui mentre passeggiava nel suo giardino. «Filemone rappresentava una forza che non ero io. Nelle mie fantasie conversavo con lui e mi diceva cose che io coscientemente non avevo pensato, e osservai chiaramente che era lui a parlare, non io…Da un punto di vista psicologico Filemone rappresentava un’intelligenza superiore…A volte mi sembrava reale proprio come se fosse una persona viva…era per me ciò che gli indiani chiamano un ‘guru’.»
Tramite questi archetipi particolari, il sogno offre la possibilità di vedere gli avvenimenti segreti della nostra anima, da vari punti di osservazione. Lavorare con gli Archetipi dell’Anima ci consente di viaggiare nell'aldilà, dalla parte dello spirito pur restando nell'aldiquà, nel nostro corpo. Sono un canale, una connessione, che aiutano a cogliere la totalità del nostro essere a cui non accediamo razionalmente. Nel seminario i volti onirici dell’Anima, tramite un laboratorio di maschere, impariamo a mettere un volto su questa saggezza profonda che dimora in noi e che si palesa nei nostri sogni così come nelle sincronicità. Un sogno sarà incubato il sabato sera e verrà teatralizzato la domenica. Questa connessione ad una parte profonda e intuitiva ci aiuta a vivere la nostra vita con più respiro e fluidità, aprendoci alla nostra multidimensionalità.