Molti medici sanno quanto le convinzioni mentali e le emozioni dei loro pazienti giochino un ruolo importante nel processo di recupero della salute. Ippocrate stesso affermava: «Un paziente mortalmente malato può guarire, purché convinto della bravura del suo medico».
Assioma confermato da numerosi studi che hanno dimostrato che chi ha fiducia nel proprio medico e crede nelle cure che sta facendo ha maggiori probabilità di guarire rispetto a chi affronta la malattia nella sfiducia, con timore o criticismo. Infatti, l’aspettativa di miglioramento del paziente e del medico quando si assume una sostanza, creduta un farmaco, crea il miglioramento stesso.
La scienza moderna non guarda più al placebo solamente come la pillola finta, ma come a un complesso contesto psicosociale che induce aspettative di miglioramento, e all'interno del quale è somministrata la pillola finta.
Ovviamente vale anche il contrario: un contesto psicosociale negativo, cioè che induce aspettative negative, ha effetti negativi, il cosiddetto effetto nocebo. Non si tratta più di soli farmaci o sostanze materiali, ma dell’atteggiamento e delle parole stesse del medico o del terapeuta. Il termine placebo deriva dal futuro del verbo latino placere, letteralmente “io piacerò” e fa parte del versetto 9 del salmo 115, che si recita in occasione delle funzioni funebre durante il Medioevo. Nocebo significa, invece, “nuocerò”.
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