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Buona notizia: né inferno, né paradiso

Il nostro atteggiamento davanti alla vita e alla morte è profondamente condizionato dai modelli culturali e religiosi ricevuti.  Non possiamo pensare di essere completamente liberi dai modelli antropologici del passato.  Attraverso il fenomeno della morte, l’uomo ha sempre avuto la percezione di camminare tra due mondi,  che pensava distanti ma non separati: il mondo dei vivi e il mondo dei morti.  Qualche volta questi due mondi potevano toccarsi grazie ad alcuni rituali e all’intermediazione di un sacerdote o di uno sciamano. Da sempre, vi è la credenza, profondamente radicata nell’inconscio collettivo,  che la vita continuasse dopo la morte del corpo su un altro piano, spesso un riflesso ideale della vita terrena(Etruschi, Egizi). Tutta la letteratura spirituale dell’antichità narra di questi mondi che si incontrano, di contatto tra vivi e defunti. Nell’Eneide, nell’Iliade e nell’Odissea, o nella Bibbia (per citare i più divulgati) troviamo molti esempi di contatto.  Indetto  dai vivi per riceverne dai defunti dei consigli, un oracolo, ma anche voluto dai defunti  attraverso sogni, apparizioni, visioni, medianità. Le antiche civiltà hanno addirittura stilato una cartografia molto  precisa dell’oltremondo, una divisione tripartita del luogo dove le anime approdano dopo avere lasciato il corpo fisico: gli Inferi (etimologia: che sta sotto), da non confondere con l’inferno cristiano.   Traghettate da varie figure psicopompe -  a seconda della cultura Anubi, Caronte, Ermete, Odino,Tuculca, Arcangelo Michele - tutte le anime venivano collocate prima in uno spazio intermedio, una specie di luogo di raduno e di smistamento. Poi erano sottoposte una specie di selezione, tramite un giudizio, una valutazione delle azione compiute in vita. I giusti si recavano nell’Isola dei Beati o nei Campi Elisi. I malevoli erano aspirati in una specie di voragine, il Tartaro. Poi le anime giovani,  che non si erano contraddistinte e  che dovevano ancora crescere, erano collocate nel Prato degli Asfodeli. È molto  interessante notare che questo modello tripartito è stato ripreso dall’escatologia cristiana  con la suddivisione purgatorio, inferno, paradiso. Il tema della valutazione delle azione compiute fa anche parte della tradizione tibetana che ha una doppia triplice suddivisione : i 3 bardo della vita e i 3 bardo della morte.  La paura di un giudizio, l’eventuale castigo o premio che ne derivano,  è al centro di molte culture del passato e sono ancora attuali. Queste credenze su ciò che succede alla morte e dopo la morte condizionano molto il nostro approccio alla vita e alla morte stessa! Ci sono ancora oggi persone terrorizzate all’idea di morire perché temono il giudizio e l’inferno. Le ultime scoperte della fisica quantistica sulla coscienza ci svelano un reame invisibile unico, un campo di luce con uno spettro di diverse frequenze. In quel campo, non esistono luoghi o tempo. Quindi  sembra che la divisione spaziale del mondo dove andremo una volta morti,  non esisti più. Quello che la fisica ipotizza è che è lo stato di coscienza del defunto a fare variare la densità di questo spettro. Inoltre tutti i racconti sulle NDE, escludono l’idea di un giudizio, di una punizione o di una premiazione.  Invece ci troveremo davanti ad una specie di specchio dove vivremo sulla nostra pelle, ciò che abbiamo detto o fatto a qualcun altro. Sentiremo tutte le sue emozioni e sensazioni, la sua sofferenza o gioia.  È facile allora immaginare che l’inferno come il paradiso siano solo stati di coscienza,  se davanti allo specchio ci sarà un Hitler o uno Stalin, oppure un Nelson Mandela o un Abbé Pierre. Quindi per morire in pace, dobbiamo preoccuparci di  vivere in amore,  seminando gioia e amore attorno a noi.

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