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Il nostro medico interiore

Curiosamente, la parola “guarigione” è letteralmente tabù negli ambienti oncologici. La reticenza ad usare questo termine meraviglioso è dovuta, dicono, alla paura di incutere false speranze nel paziente. Un finto problema questo, se si considera il fatto che togliere del tutto la speranza della guarigione a un paziente, per  la paura di dargli una falsa speranza, non lo aiuta di certo a voler uscire dalla malattia. Anzi, lo porta alla rassegnazione più totale. Tanto vale mettere i remi in barca!
In realtà, è una dichiarazione di assoluta impotenza da parte dei medici e della medicina stessa e cela la presunzione che, a parer loro, non ci siano altri fattori che possano indurre la guarigione al di fuori dei modelli che conoscono!  Questo atteggiamento è drammatico, tanto per il medico che non vede al di là dei protocolli, quanto per il paziente la cui vita è in gioco. Quando avviene la guarigione, sarebbe ingenuo pensare che sia successo soltanto grazie ai farmaci e non per altri fattori che la medicina non inquadra nel suo modello. Il grande problema della medicina occidentale è che procede per “modelli”. Questo porta inevitabilmente ad una visione riduzionista dell’uomo, della malattia e conseguentemente delle cure. 
Proprio per la complessità dell’essere umano, le cure dovrebbero essere multidisciplinari e personalizzate, in quanto ogni essere umano non solo è unico ma è anche un tutt’uno tra corpo, mente e spirito. Invece, tutto ciò che è fuori dal “modello” viene tralasciato o negato! Semplicemente non esiste!  La negazione, in effetti è una vecchia strategia usata per eludere i fenomeni non riconducibili al “modello”. Nel terzo Millennio bruciano ancora i roghi, non più in nome di Dio ma in quello dello Scientificismo (non della Vera Scienza)!

Ci si dimentica con estrema facilità che dentro di noi esiste un medico interiore, molto intelligente e potente, che ha la funzione di tutelare la nostra salute e di proteggere la nostra vita.  Quando ci rompiamo un osso, non gridiamo al miracolo quando, dopo un po’ di tempo, si risalda. Quando ci ustioniamo, non gridiamo al miracolo quando la pelle si rigenera. Perché quindi gridare al miracolo quando qualcuno guarisce da un cancro dichiarato “incurabile”?  Questo ci spiega perché la parola “guarigione” è una sfida al paradigma attuale dell’oncologia  e non si spendono soldi per una ricerca sui processi di guarigione.  In ogni cellula del nostro corpo esiste un’intelligenza che sa esattamente cosa fare quando c’è un danno. Lo fa da sempre, da quando siamo stati un embrione nel grembo materno, e così ha fatto per ogni nostro antenato! Dall’inizio dei tempi, l’uomo si è sempre adoperato per trovare soluzioni ai suoi problemi fisici, materiali ed esistenziali.  Nell’era industriale, abbiamo perso la fiducia nei nostri poteri profondi di autoriparazione, delegandoli ad autorità esterne. Non è un caso se "l’impotenza” è la vera malattia del nostro secolo. 
Diceva Carl G. Jung: «Non siamo qui per guarire dalle nostre malattie, ma le malattie sono qui per guarirci!».  La malattia è un tentativo di soluzione ad un conflitto esistenziale  e la guarigione non è altro che un processo che ci spinge in una direzione che da tempo la nostra Anima ci sollecitava a prendere, prima ancora che si manifestasse la malattia. La guarigione è un processo che ci aiuta ad andare nella direzione della nostra vera Natura e a rispettarci.  Sperare di guarire, quindi,  non significa illudersi e ancora meno l’attesa passiva che qualcosa o qualcuno dall’esterno risolva il problema per noi. È credere che un risultato desiderato possa realizzarsi a prescindere dalla gravità delle condizioni attuali. Incontrare alcuni medici illuminati e umani, praticare uno stile di vita sano, dire no a ciò che ci rende infelici, ritornare alla gioia e al valore dell’amore, ascoltare se stessi e i propri bisogni, dare un senso al nostro essere al mondo,  sono tutti elementi che ci riconnettono a una dimensione estesa di noi stessi e contribuiscono a fare scattare l’intelligenza riparatrice del nostro corpo.

Marie Noelle Urech

 

 

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