Il pilota automatico delle nostre esistenze ci confina in una bolla illusoria dove la materialità più elementare è l’asse attorno a cui ruotano le nostre vite. Andiamo avanti con gesti, comportamenti, azioni , abitudini ripetute all’infinito e che ci addormentano in una finta sicurezza. «Metro, boulot, dodo» per dirla in francese, una espressione che dipinge la ristrettezza del nostro vivere. Ogni tanto affiora la sensazione che alcune cose non le vorremmo più fare o il desiderio di farne altre, tuttavia viene subito soffocata da pensieri di dovere e di responsabilità che “giustificano” una vita senza passioni e senza libertà. Senza renderci conto, ci siamo adeguati ad un ordine sociale ed economico che pretende da noi un vivere senza domande. Questa non-vita, focalizzata sulla sopravvivenza biologica con il procurasi il cibo, lo sfuggire al pericolo, il trovare riparo, soffoca l’evoluzione della nostra coscienza. Evolversi significa fare esperienze, esplorare territori nuovi, farsi domande, pensare con la propria testa, crescere e scoprire così una dimensione più vasta del nostro essere. Oltre la bolla esiste uno sconfinato paesaggio pieno di colori i cui barlumi giungono alla nostra coscienza tramite sogni, incontri, letture. Ma soprattutto attraverso alcuni cambiamenti non desiderati: un fallimento, un licenziamento, un divorzio, una malattia severa oppure eventi collettivi come una guerra, una catastrofe climatica, un regime dittatoriale. La spinta verso l’evoluzione si innesca quando cominciamo ad accorgerci del paesaggio e che vogliamo uscire dalla bolla. Un atto di sana ribellione che ci fa riprendere in mano il controllo del nostro veicolo e della rotta. Una cosa non priva di insidie in quanto ci pone a controcorrente del flusso economico imposto, ci espone al giudizio e all’invidia degli altri, ci fa rinunciare a molte “comodità”. La libertà di scegliere come vogliamo vivere e morire, cosa credere, come curarci, come vogliamo relazionarci, nutrirci, costruire, educare i nostri figli, ha un prezzo. È invisa a qualsiasi sistema di controllo sociale che esso sia religioso o politico. Il pilota automatico ci protegge dalle conseguenze sgradevoli, ma ci rende schiavi ubbidienti perché l’autorità provvederà in qualche maniera e troverà le soluzioni. Chi riprende la conduzione del proprio veicolo e si inoltra nel paesaggio, farà fatica, ma assaporerà una nuova forza, una felicità che non immaginava esistesse. Si sentirà parte di una specie che non ha posto il termine “fine” alla sua evoluzione.